mercoledì 23 aprile 2014

Istituto Nazionale dei Pezzi di Sterco - aka Ottenere la Maternità in Italia

In seguito al mio ultimo incontro con i simpatici signori della Previdenza Sociale, mi sento quasi obbligata a fornire un resoconto dettagliato della mia avventura per ottenere un "semplice" indennizzo di maternità in un paese ormai a scatafascio in tutto e per tutto.

Parto, in breve, dalla mia situazione lavorativa dal momento in cui ho scoperto di essere in gravidanza (settembre 2013), per chi non avesse letto gli accenni negli altri post: avevo un contratto a progetto che sarebbe scaduto il 31 dicembre 2013, salvo eventuali rinnovi ovviamente mai avvenuti proprio a causa della mia gravida condizione, che mi impediva di sobbarcarmi le condizioni di lavoro al limite della follia che venivano imposte dall'azienda per cui lavoravo.

A fine ottobre mi sono recata al Patronato INCA della città, ovviamente per verificare se mi spettasse o meno l'indennizzo di maternità. L'operatrice mi ha spiegato che per le lavoratrici a progetto la maternità viene calcolata rispetto all'80% dello stipendio percepito almeno tre mesi prima del congedo previsto. La data di congedo di maternità sarebbe stata il 10 di marzo 2014: ne si deduce che, per dieci sfortunatissimi giorni di decorrenza in più, non avrei avuto diritto all'indennizzo poiché nel periodo verificabile richiesto risultavo già disoccupata. C'erano altre clausole rispetto ai lavori precedenti all'ultimo contratto, ma per quanto mi riguarda erano tutti stage formativi: per lo Stato Italiano lo stagista è al pari del disoccupato, quindi non potevano contare come veri e propri contratti, seppur retribuiti. L'operatrice del patronato mi ha spiegato tutte queste informazioni, lasciandomi ovviamente con l'amaro in bocca e la certezza di non poter ricevere un solo euro.

Fortunatamente, un mese prima del mio congedo di maternità ho avuto un'altra proposta di lavoro da un'altra azienda: sempre contratto a progetto, ma stavolta senza condizioni folli. Potevo svolgere tranquillamente il progetto da casa e sarebbe durato un mese, accavallandosi solo di pochissimi giorni con il congedo, ed era prevista tanto di retribuzione: entusiasta, sono quindi ritornata al patronato INCA sbandierando la mia nuova possibilità.
Ho qui trovato un operatore molto confuso dalla mia situazione: accennò qualcosa sul fatto che in realtà avrei già potuto richiedere la maternità (contrariamente a quanto riferitomi dalla precedente operatrice), ma il caso era certamente complesso. Era un giovedì di fine febbraio, e l'uomo mi disse di ripresentarmi la settimana seguente con un plico pressoché infinito di documenti: certificato di gravidanza originale e recente, ultimi contratti miei e persino del mio ragazzo (?!) e rispettive buste paga, IBAN, estratto conto e fotocopie dei documenti d'identità e codici fiscali di entrambi. Nel frattempo, lui asserì che avrebbe studiato il mio caso così da farsi trovare preparato all'invio di ogni documento possibile per provare a richiedere la famigerata maternità. Meravigliata ed onorata da cotanto impegno da lui promesso, mi sono procurata tutto il necessario e mi sono ripresentata la settimana seguente, come richiesto.

(Apro solo una piccola parentesi: se uno vuole andare a parlare col patronato deve rassegnarsi ad arrivarci più o meno all'alba, e inspiegabilmente trovarsi almeno una ventina di persone davanti, cosa che farà trascorrere al malcapitato l'intera mattinata presso la struttura - sempre che facciano in tempo con i loro orari, altrimenti potrà addirittura venire rimandato ai giorni seguenti. Chiusa parentesi, giusto per ribadire il tempo perso dietro a tutte queste minchiate.)

Quando mi sono ripresentata ho subito notato che l'operatore con cui avevo parlato non era presente agli sportelli. Senza farmi troppe domande ho comunque aspettato che una terza operatrice chiamasse il mio turno, per riferirle subito che ero d'accordo con il suo gentile collega.
Potete cominciare a ridere anche da subito.
La donna assunse una tremenda espressione di incazzatura funesta, e mi riferì che il suo adorabile collega aveva tirato su questa manfrina per sbolognarmi. Infatti, l'operatore richiesto (facilmente individuabile poiché unico maschio agli sportelli) sarebbe stato in ferie tutta la settimana: qualsiasi giorno mi fossi presentata, non l'avrei potuto trovare. Eravamo tra l'altro a ridosso della data di congedo, quindi non avrei assolutamente potuto aspettare oltre per presentare altre richieste - ovvero, non avrei potuto presentarmi la settimana seguente quando sarebbe tornato, particolare di cui lui stesso era a conoscenza.
Fantastico, no?
Bé, quel giorno dovevo avere un'estro abbastanza fortunato: la terza operatrice del patronato da me incontrata si chiama Valentina, è del segno del Toro come la mia figliola in arrivo, ed è stata l'unica persona veramente gentile e competente da me incontrata in tutta questa vicenda: le auguro di vincere un milione di euro, e di essere per sempre sana e felice insieme a tutti quelli a cui vuole bene. Mi ha rispiegato parzialmente una parte delle clausole già sentite dalla prima operatrice, dicendomi però che per soli dieci giorni non avrebbero potuto essere certi del fatto che l'indennizzo non mi spettasse, e la richiesta sarebbe dovuta partire comunque - lasciando all'INPS stessa la decisione. Di tutti i documenti portati ne servivano due: il certificato di gravidanza e il contratto di lavoro. Punto. Mi diede dei documenti da consegnare all'azienda, e mi disse che avrebbe portato lei stessa all'INPS i miei documenti, poiché l'ente chiedeva le copie originali e spettava agli operatori prendersi la briga di consegnarli (ASSURDO!). Dopodiché avrei dovuto attendere una risposta dall'INPS, e solo nel caso in cui fosse stata respinta avrei dovuto ripresentarmi in patronato per provare altre tipologie di richiesta rispetto alle clausole.

La richiesta è stata consegnata puntualmente il 4 marzo 2013. Grazie, Valentina, le voglio tanto bene.
Ma il calvario ancora non poteva terminare.
Il 4 aprile ho ricevuto una raccomandata proprio dall'INPS. Il mio momento di giubilo è svanito quando ho visto il seguente contenuto:
1 - Lettera dal funzionario M.B., con il seguente messaggio:
 " Ai fini dell'istruttoria della domanda di indennità di maternità presentata in data 04.03.2014 si chiede l'invio a questa Agenzia, nel più breve tempo possibile, della seguente documentazione:
ALLA NASCITA: DATI ANAGRAFICI E CODICE FISCALE DEL NASCITURO
AL TERMINE DEL PERIODO: COMPILARE E RESTITUIRE I MODULI ALLEGATI
La presente lettera dovrà essere restituita unitamente alla documentazione richiesta
. "
2 - Due dichiarazioni, una compilabile da me e una dall'azienda per cui ho lavorato, di astensione dal lavoro per maternità obbligatoria. Nella dichiarazione il testo recita: "DICHIARA che ha usufruito / usufruirà dell'astensione obbligatoria dal lavoro prevista dalla normativa vigente o che durante: i 2/1 mesi antecedenti/e la data presunta del parto e i 3/4 mesi successivi al parto si asterrà / si è astenuta da qualsiasi prestazione lavorativa"; è poi richiesto in allegato un certificato di gravidanza originale.
Ora, magari per qualcuno tutto ciò potrà risultare limpido e cristallino, me ne rendo conto. Ma essendo la prima volta che mi rivolgo all'INPS per un qualsiasi motivo ed essendomi tenuta sempre il più possibile lontana da qualsiasi forma di burocrazia, non avevo la certezza di cosa dovessi inviare, e nemmeno il quando e il perché mi erano chiari. Tra le domande più importanti: con "al termine del periodo" intendevano il periodo di gravidanza o quello di maternità? E se intendevano quest'ultimo, cioè la maternità, perché richiedevano di allegare anche un certificato di gravidanza (che avrebbero peraltro dovuto ricevere in copia originale nel momento stesso in cui era stata presentata la domanda)? Contando che in queste faccende non conviene né ritardare né tantomeno sbagliare, visto che si rischia di non ottenere niente o di dover ricominciare da capo, ho pensato fosse meglio chiamare l'INPS per chiedere spiegazioni.
Al centralino mi ha risposto un operatore abbastanza gentile, ma non troppo preparato: era abbastanza confuso sul contenuto della lettera, e alla fine concluse che probabilmente il certificato già inviato fosse andato perso, quindi andava nuovamente inviato per confermare la domanda di indennizzo. Se non avessi voluto inviarlo di nuovo perché giustamente l'avevo già fatto, avrei dovuto inviare in copia originale tutta la documentazione da me ricevuta dall'operatrice Valentina del patronato INCA, in pratica la mia copia dei documenti che avevo firmato per inoltrare la domanda... opzione non troppo auspicabile, visto che avrebbero potuto perdere anche quei documenti. Gli chiesi anche se in seguito all'invio del certificato e dei documenti richiesti avessi ricevuto il tanto desiderato indennizzo, e mi rispose di sì, poiché se non avessi avuto i requisiti non si sarebbero certo disturbati a chiedere altre dichiarazioni. La mancanza di sicurezza iniziale dell'operatore però non mi aveva convinto del tutto, e ho quindi deciso di recarmi direttamente all'INPS con tutto il necessario: certificato di gravidanza, copia dei documenti ricevuti dal patronato e raccomandata.

Siamo al capolinea dell'avventura. All'entrata ("accoglienza") dell'Istituto faccio la coda con altre otto persone a discapito del mio pancione immenso, perché i bigliettini del turno per la precedenza alle donne incinte valgono solo dopo la prima coda. Trovo un uomo con una faccia da tonno imbalsamato a cui pongo gentilmente le mie domande. Vi dico solo che mi ha chiesto se avessi già partorito - ok, alcune donne rimangono un po' tonde dopo il parto, ma se sotto la felpa noti chiaramente una tonicissima anguria messa dal lato più lungo con tanto di ombelico visibile all'infuori forse puoi pensare che dentro ci sia ancora un bambino. Avrei potuto cogliere al volo questa sua idiozia, ma non l'ho fatto, perché non mi piace essere scortese... dobbiamo essere rimasti in pochi a pensarla così. Infatti, è stato così adorabile da trattarmi come l'ultima accattona idiota dell'universo, guardandomi dall'alto in basso e rispondendo alle mie domande con tono di scocciata sufficienza. Era ovvio che il periodo inteso fosse quello di maternità e i documenti andavano OVVIAMENTE inviati alla fine, come potevo non capirlo? Ho persino fatto l'imperdonabile errore di porgli la domanda che già avevo fatto al centralino, cioè se effettivamente mi spettasse o meno l'indennizzo.
Risposta (visibilmente incazzata): "signorina, non c'è niente di certo OVVIAMENTE! Se ha i requisiti gliela manderanno, altrimenti no, arrivederci"

Oggi è il 23 di aprile. La maternità che ovviamente non so se percepirò ammonterebbe all'incirca a 250 euro. Forse per la cresima di mia figlia l'INPS mi manderà dei pannolini.

Nessun commento:

Posta un commento